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  • ven 05 maggio 2017

    Sul filo della moda. In bilico tra etica e non etica nell’industria del fashion

    Mentre FashionPuglia si appresta a visionare con scrupolo i progetti dei tanti giovani stilisti iscritti al Contest 17, la moda avanza imperterrita con tutti i suoi chiaroscuri.

    L’ interessante puntata di Petrolio -  Sul filo della moda - in onda ieri sera su Rai 1, ci dice quello che probabilmente già sappiamo riguardo allo sfruttamento dovuto alla fast fashion,  dettata da produzione a basso costo e a ciclo continuo. Ma lo fa documentando con dati e fonti – come solo le inchieste giornalistiche sanno fare – quanto questo sfruttamento sia devastante e disumano.

    Cosa c’è davvero dietro al mondo della moda? Quale il lato oscuro della moda, la citata dark fashion? Che cosa sappiamo degli abiti che indossiamo? Fino a che punto possiamo fidarci dei marchi?

    Per l’economia italiana l’industria della moda è fondamentale: vale 62 miliardi di euro, il 4% del PIL. Ma il libero mercato ci propone insieme il vero Made in Italy, il Made in Italy prodotto in Asia e i prodotti asiatici di importazione. Il problema non è solo di etichette - come ribadiscono in trasmissione - ma anche di salute e salvaguardia dell’ambiente. L’industria della moda è la seconda più inquinante del mondo ed è ormai documentato anche l’ aumento di dermatiti dovute al contatto con l’abbigliamento, causate da coloranti e sostanze chimiche contenute nei tessuti. Conseguenze della fast fashion queste, così come il generale sfruttamento che avviene nei paesi asiatici, laddove si produce a ritmi incessanti per grandi marchi e multinazionali della moda occidentali. Primi fra tutti il Bangladesh dove le condizioni dei lavoratori sono tra le peggiori.

    L’altro lato della moda però, quello chiaro e per nulla oscuro, ci parla di realtà esemplari, di persone e personaggi che si battono per una moda attenta ai diritti dei lavoratori e dell’ambiente.  Ci sono aziende che fanno la differenza, come quelle superstiti del distretto industriale del Nord Ovest. Sono le eccellenze, in tal caso le eccellenze italiane. E’ la famiglia Piacenza che punta tutto sulle lane pregiate provenienti dalle parti più estreme e impensate del mondo. Si tratta di nicchie, prodotti per pochi si intende, ma che generano impiego e lavoro.

    Guardando invece fuori dall’Italia e giungendo sino in Etiopia si trova invece l’interesse del governo verso investimenti e agevolazioni per una nuova industria tessile locale. Un’evoluzione che attira aziende italiane ed estere a investire in Etiopia, dove soffia il vento dell’innovazione e dei diritti per i lavoratori.

    E allora di cosa abbiamo bisogno per districarci tra il bene e il male della moda? Abbiamo bisogno di consapevolezza. Consapevolezza di sapere cosa davvero stiamo acquistando. Dove e come il prodotto che stiamo acquistando sia stato realizzato e soprattutto a quale prezzo. A prezzo del sangue, dicono le donne dell’industria tessile del Bangladesh, pagate pochi centesimi l’ora, obbligate a turni estenuanti, nella più assoluta assenza di norme di sicurezza.

    Spetta a noi tutti informarci, spetta agli enti di regolamentazione o controllo regolare e vigilare, spetta ai media fare corretta informazione e investigare, come in questo caso. Solo così potremmo compiere scelte di acquisto consapevoli favorendo - laddove ci è possibile - brand etici e sostenibili.                                                        Noi di FashionPuglia ce lo auguriamo!

    Personalizzando un pò Dostoevskij potremmo dire: facciamo in modo che la consapevolezza salvi il mondo, prima ancora della bellezza.

    Guardate l’intera puntata di Petrolio qui Sul filo della moda - Petrolio Rai 1

    Merilù Barbaro